L'età della transizione - XV tappa
Dove
sono stato. Quanto tempo è passato. Sono in fuga, sono in fuga, sono
in fuga. A forza di essere in fuga mi hano beccato, crocifisso, messo
alla gogna, di nuovo crocifisso e dimenticato in un buco. Non ho
avuto coscienza e ho perso me stesso dopo che le tue guardie mi hanno
trovato, fottuto cardinale. Il mio corpo è diventato il vostro
zimbello, anche per questo ho scelto di uscirne. Non so come sia finito qui, forse ero pronto per farlo forse è solo
successo. Fatto sta che non mi pesano le botte, gli sputi, le risa,
il dolore fisico. Le cicatrici che rimarginano ferite significano
anche questo, porta che si chiude sul dolore del passato,
superamento, vita che rinasce, memoria che interiorizza e restituisce
dignità anche al dolore.
Hanno
aperto la porta in tre, indossavano tonache nere. Nei loro sguardi
non c’era giudizio, sul mio corpo impresentabile non c’era il
loro giudizio. Grotta dei pastori l’hanno chiamata. Dicevano che il
nome viene dai pastori che giungevano in ascolto di Benedetto.
Chi è
Benedetto.
È un
uomo che ha vissuto come te tre anni in grotta per trovare se stesso.
Benedetto
è uomo, tu sei Benedetto.
La
luce mi acceca ma lentamente realizzo. Una parete che si fa versante,
montagne tutto intorno. Ero convinto che dopo la fuga avrei
inseguito, chissà perché ora non ne sento il bisogno. Il bisogno. Ora
che sono fuori dalla grotta dei pastori, da quel buco, non sento
alcun bisogno. Mi chiedo se sarà così anche domani.
Rientro,
vedo la grotta di questo Benedetto. Mi dicono che lui ha scelto di
starci, a uno come me - che ci è stato buttato e dimenticato anche da se
stesso - sembra impossibile. Il risultato però è lo stesso, un uomo
nuovo. Dalle mie parti dicevano “per rinascere devi prima morire”.