...c’è stato un mese d’Italia. L’Italia sembra ferma, uguale a sé stessa, coi suoi vantaggi e le voglie di (ri)fughe. Se penso all’Italia penso alla stasi. Per chi vive a lungo fuori casa come me significa ritrovare ciò che si è lasciato, con carichi di malinconie e retrogusti dolci-amari a cui si legano i miei istinti in modo abbastanza innata, direi. Stesse atmosfere, stessi discorsi, stessi politici di ieri. Mi riconsola dandomi l’idea di non essermi perso niente; d’altronde non ho abbastanza spirito nazionalista-patriottico per compiangermi sulle condizioni della mia terra. La mia terra è la mia casa, la mia famiglia, i miei amici e via via vari livelli di conoscenze e a darmi pensieri sono le loro condizioni, non quelle del povero bel paese.
Quella stessa stasi che mi rassicura mi spinge via dopo due o tre settimane. Nella vita mi sono ripromesso di andare avanti, non indietro e il tornare in Italia per tanti versi mi rimanda nel passato, vuoi per il vivere in famiglia, per il Natale o per l’assenza di lavoro, vuoi per quella stasi che tanto contrasta col fermento pechinese e cinese. Voglio dire, va bene per le vacanze ma non per viverci, non ora almeno.
La fine dei primi due mesi pechinesi 2009-2010 e l’inizio del nuovo soggiorno sono coincisi con due concerti diversissimi. Si dice che una ragazza in Giappone, dopo aver ascoltato la prima traccia dell’ultimo dei mono, abbia ucciso il suo ex. Forse la storia sensazionalistica non era proprio così, ma qualcuno è morto. I mono dal vivo sono come te li immagini, mono-espressivi, su un palco lanciano impassibilmente allo spettatore quell’alternanza di silenzi contemplativi e fragori emotivi coscienti di colpire nel segno ma senza godere per questo. Almeno non lo danno a vedere. Sembrano vuoti, sviscerati da quelle stesse emozioni che lasciano ricadere sul pubblico sotto forma di musica. Japanese style: puoi fissarli in faccia per ore pensando che non stiano provando alcunché ma dentro soffrono come cani. Suonano come in un cd. Solo che lo fanno dal vivo e tutto, ma proprio tutto, si moltiplica: dal rumore allo sconvolgimento alle reazioni del pubblico. Complice un po’ d’alcool c’è chi si è lasciato andare a qualcosa di più vicino a una scopata che a una paccata. Notando la scena penso che sì, effettivamente i mono si adattano a un rapporto sessuale, in una storia d’amore passionale e senza futuro, rassegnata, colma di sigarette e non di alcool, logora di se stessa e dipendente da se stessa. Uno dei più bei concerti degli ultimi anni. Tutta la scaletta dell’ultimo album dalla prima all’ultima traccia (avevo ragione, è un concept album anche se senza concetti a parole) ed io amo il loro ultimo album. Tanto mi basta.
Patrick Watson è arrivato in sordina. Appena arrivato a Pechino faceva un freddo che non so immaginare, due giorni prima i Pet’s conspiracy (due italiani e tre cinesi, band di punta e cool del momento dell’indie locale, una cantante che fa impazzire la platea e musica di qualità) e D.J. Krush avevano riempito le notti di Pechino all’inverosimile. E la gente la domenica non ha retto, se ne è stata a casa. Meglio così, perché io invece ho retto come pianificato le sette ore di fuso orario ed ero lì. Beh, anch’io finalmente posso dire di aver trovato il mio nuovo jeff buckley (tutti quelli che pensano che jeff buckley non è il cantante più sopravvalutato degli ultimi vent’anni hanno cercato la sua anima in qualcuno di vivo). Sì, la voce d’accordo. Ma non solo quello. La musica non c’entra niente, da intendersi, niente di rock e molto di indie come life-style, poche propensioni verso il passato e un suono contemporaneo. La somiglianza è nella concezione della musica, nella capacità innata di fare musica, sentirla mentre scorre nel sangue. Poi l’ironia è come mi immaginavo fosse quella di jeff, e anche lo show: palchi abbattuti, interazione col pubblico, improvvisazioni. Tante belle emozioni, una brutta: Lhasa de la sela se n’é andata. L’avevo scoperta da poco e ne ero già innamorato, 36 anni e un tumore esploso il primo dell’anno.
Ascolti del mese:
A Singer of Songs and Tiny Ruins- Road to nowhere
Liu 2- Lao caifeng
Corrado Nuccini- Famous blue raincoat (cover)
Matt Elliott- Something about ghost
Patrick Watson- where the wild things are
Haoyun- Zhe ge chengshi
Lhasa de sela- Rising
Ah già, fingevo di dimenticare: Brand Tibet sembra in uscita davvero, questa volta, 15 febbraio. Dieci anni fa non avrei mai pensato di finire su uno scaffale di libreria. Andate e comprate.
sabato 6 febbraio 2010
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