Crisi. Immaginiamo una crisi, anzi due. Una matrimoniale.
L’altra esistenziale. Diamogli due abiti diversi, uno reale e uno fittizio.
Attraverso due vissuti agli antipodi. Il primo quotidiano, apatico e fatto di
ambientazioni con i piccoli problemi di tutti: sveglia, lavoro, ritorno a casa,
famiglia e stanchezza di fine giornata. Immergiamolo in un vuoto comunicativo,
cosciente che parola sa essere coltello e provocare lacerazioni. Ancora prima
che un cuore spezzato dal dolore immaginiamo una carta lacerata, una separazione. Una
distanza. La scelta di non parlare per un pregiudizio. Perché tanto sarebbe
inutile. Per il secondo vissuto invece prendiamo il personaggio senza nome di
un libro. Probabilmente non ha nome perché pur essendo protagonista nella
storia non lo è nella vita. Vive in Colombia e rimane orfano presto. Si ritrova
a essere prima comunista, poi teppista,
soldato, asceta, paramilitare, burattinaio, in combutta con il narcotraffico e
la politica corrotta e infine esule. Non c’è niente di strano in questo continuo
cambiare, anzi resta sempre se stesso e non si avverte nessun paradosso. Cade,
si rialza e ricade. Infine, stanco, con gli occhi pesti e il sangue in bocca,
sta per scegliere la morte alle porte del 2000 in un appartamento di Madrid. Ma
non muore. E rimane lì, sospeso nel vuoto di un nuovo secolo che è il vuoto di
un paese.
Se la prima crisi avesse delle immagini sceglierei queste, bellissime, dirette da Paola Rotasso:
Se la seconda crisi avesse delle parole
sceglierei queste, articolate da Sergio Álvarez:
“Inizio a pensare che i comandanti abbiano ragione, tu sei
ancora comunista. Non capisci, gli dissi. Sì che capisco e so bene come si
chiama quello che hai. Come si chiama? Vigliaccheria. Può essere. E sai cos’è
peggio? Cosa? E’ per questo che sei nella merda fino al collo, per questo non
hai una vita, né una famiglia né soldi. Cioè? Sei diventato vecchio e non hai
ancora capito come funziona questo paese. E come funziona?, chiesi. Bisogna
uccidere, fratello, in questo paese chi non ha ammazzato o non ha ordinaro di
ammazzare non va avanti. Lo guardai spaventato. Credimi, fratello, qui è la
morte che comanda e chi non ammazza né ordina di ammazzare non è nessuno, non
vale niente.”
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