L'età della transizione - XIII tappa
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La veste rossa appassisce al fianco del mio corpo
angariato dalla gotta. Riesco a discendere le gradinate della loggia con
difficoltà e capisco di aver consumato il mio tempo dietro alle passioni e alla
bellezza, perdendo di vista la natura delle cose che avevo sotto gli occhi, lì
scolpita sul crocefisso appeso al mio collo. Mi sono riempito di orpelli e ho
inseguito le cupole della cattedrale delle cattedrali, la dimora di Pietro. Sconfitto
trovai rifugio nelle arti e nell’antichità. Ho curato la mia carne con la
carne, io Simon Mago in un mondo di mercanti di spirito, e ho alleviato il
dolore nelle pitture e nei giardini, nelle feste, nelle alte frequentazioni e
soprattutto nell’acqua. Nella genialità dell’acqua protesa verso l’alto prima
di riscoprirsi attaccata alla terra, scorrevole su terra. Sono a te Rometta,
che mi appari come la grazia di una carezza, arranco nella frescura estiva del
viale delle cento fontane fino all’abbraccio caldo dell’Ovato. Sei tu Nettuno,
il Dio dell’umana caduta, la suprema ascesa infranta: arte e uomo, bellezza e
morte nella mano protesa verso Nefeli e nel tuono di Zeus in furia. Ora la luce
è spenta e mi abbandono alla Cristianità, ma prima di inerpicare un corpo che
più non conosce salita mi fermo davanti a te, drago che donai a Gregorio Papa.
Guardo te e cado. Cado. Cado, mentre la Roma dei poveracci dorme ancora. Finché
non riscopriranno tutto questo, ma non so che farmene della Gloria eterna.
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