venerdì 1 giugno 2012

Quello che devo fare

 Quello che devo fare. Atto, movimento. Contro chi la sovversione la pensa e la immagina, chi la rigira, la trastulla e la teorizza: “I due apprendisti sono furiosamente al lavoro, nella grande stamperia di messer Hergott in Norimberga. Le mani trasformano l’inchiostro sulla semplice carta in caratteri di piombo che moltiplicano le parole. Rapide occhiate e dita agili che ricompongono gli scritti del Magister: proiettili che verranno scagliati in tutte le direzioni dal più potente dei cannoni. Il torchio, nell’angolo, sembra dormire in attesa di imprimere il sugello finale.”
Thomas Müntzer, gli anabattisti di Münster, l’editoria italiana di metà XVI secolo. Così come si potrebbero dire anche Wat Tyler, Jan Hus, György Dózsa, Juan Bravo, Matija Gubec, Ivan Bolotnikov, Masaniello, Sten’ka Razin, Yemelyan Pugachev, José Gabriel Condorcanqui, Christian Benjamin Geißler, Toussaint Louverture, Teodor Avramović, Pasquale Domenico Romano, tanti altri, quanti altri ancora e tutte le lacrime di lotta lasciate in disparte dalla storia. Sotto i colpi della tortura e della privazione.
La storia, storia del potere.
"Noi solchiamo i meandri della storia. Noi siamo ombre di cui le cronache non parleranno. Noi non esistiamo."
Chi li scrive i libri che vengono insegnati, che tradimento diamo alla memoria indicando i buoni e i cattivi. Chi la fa la storia, la storia siamo noi, bella ciao che partiamo? “Nell’affresco sono una delle figure di sfondo. Al centro campeggiano il Papa, l’Imperatore, i cardinali e i principi d’Europa. Ai margini, gli agenti discreti e invisibili, che fanno capolino dietro le tiare e le corone, ma che in realtà reggono l’intera geometria del quadro, lo riempiono e, senza lasciarsi scorgere, consentono a quelle teste di occuparne il centro.”
Parlami di come si scende in strada fuori dalle università, di come gli intelletti incontrano la fede e di come si può essere incuranti di tutto il resto. Dimmi degli schieramenti e le loro ragioni, di chi sceglie la protezione e di chi antepone il rischio del fango e della sconfitta. Raccontami chi non rinnega mai a se stesso ciò per cui ha combattuto perché la sconfitta non rende ingiusta una causa, dell’istituzionalizzazione delle rivoluzioni. “Avete conosciuto le lettere e le armi. Avete combattuto per qualcosa in cui credevate e avete perso la causa, ma non la vita. Capitemi, parlo del senso della vita che accomuna gente come me e come voi, l’incapacità di fermarsi, di accomodarsi in qualche buco, in attesa della fine; l’idea che il mondo non è che una grande piazza su cui si affacciano i popoli e i singoli uomini, dai più scialbi, ai più bizzarri, dai tagliagole ai principi, ciascuno con la sua insostituibile storia, che racconta già la storia di tutti. Voi dovete aver conosciuto la morte, la perdita. Forse c’è stata una famiglia, da qualche parte, lassù nelle terre del Nord. Sicuramente molti amici, persi per la strada e mai dimenticati. E chissà quanti conti da saldare, destinati a rimanere aperti.”
Come fate voi a uscire dal cerchio senza disegnarne un altro, insegnami cos’è l’anarchia.
“In questa vita ho imparato una cosa sola: che l’inferno e il paradiso non esistono. Ce li portiamo dentro dovunque andiamo.”

Liberamente integrato con: Luther Blisset, Q (Einaudi, 2000)

1 commento:

Baol ha detto...

"Q" è un libro che mi è piaciuto moltissimo