giovedì 2 agosto 2012

"Luglio suona bene" - Parte III


Cronache dalla cavea, dal laghetto di Villa Ada e dal Circolo degli artisti. Beethoven, Madredeus e Will Oldham più band, tutto in una settimana. Musica e cultura sono tornati nella mia vita, vissute in modo un po’ troppo solitario, ma è pur sempre un punto di ri-partenza.

Si dice che sia stato un attore. Su Will Oldham ho raccolto poche notizie, ma lo ascolto da qualche anno, seguendo alcuni dei suoi tanti, troppi progetti. Il suo nome ritorna, sempre, con costanza, accanto a musicisti che apprezzo e a forme musicali che sento di amare dal 2009-2010 o giù di lì (sempre con i miei ritardi, non sarei un granché come interprete di nuove tendenze musicali di nicchia, ma mi piacerebbe capirne eccome se mi piacerebbe...). La cosa che lascia stupiti è che dietro al 90% dei nomi che sembrano interessanti e in cui uno si imbatte mentre è in cerca di cantautori ci si potrà trovare lui e sempre lui, la sua mano o la sua partecipazione; per il folk dell’ultimo decennio, mi viene da pensare che la sua funzione possa essere vicina a quella di Ben Gibbard per quel filone indietronico-folktronico-glitchpop chi più ne ha più ne metta di inizio Doppio zero: dovunque vai a grattare ci trovi il buon Oldham a cantare in prima persona, a collaborare, a suonare o a produrre... Di lui si parla come di un abile scrittore di liriche, ma finora non ho mai avuto la dovuta pazienza da dedicare ai suoi testi. In realtà non saprei neanche indicare le sue migliori canzoni, però lui nella mia quotidianità c’è, con incisioni ascoltate con abituale costanza, a riecheggiare gran parte degli stati d’animo che mi contraddistinguono da tre quattro anni. Le scelte di Sorrentino hanno consolidato le mie buone convinzioni nei suoi confronti, il suo personaggio di personalità ha continuato a incuriosirmi fino a creare attesa per una sua esibizione in Italia. Ho saputo della sua data romana per caso e con tre giorni di anticipo, dopo aver già speso decine di euro in eterogenee attività concertistiche e con l’impegno -già preso- per andare a vedere di lì a pochi giorni anche il concerto di Anna Calvi. Tant’è che... vabbè, chissenefrega, tiro fuori i miei 15 euro e passa la paura. La sala non è piena, molto meno di quello che avrei potuto pensare considerando frontman e location. Il personaggio c’è, lo stile pure e anche il contatto con il pubblico. Atmosfera gioiosa nonostante la natura introspettiva di molti pezzi. Facile capire di trovarsi di fronte a una persona che sa comporre e rendere sul palco con la dovuta fiducia e la giusta forza demistificatrice. Poi attorno ha cinque buoni musicisti e ottimi controcanti. Sembra quasi che reciti delle movenze goffe sul palco, da buona anti star in grado di trascinare il suo pubblico. Nella sua musica non avevo mai dato troppo peso alle componenti country, che qui invece fanno da padrone con ironia e festosità. All’inizio quasi me ne sono dispiaciuto ma poi ho preso bene il tempo alla reale natura e tutto è rientrato nell’armonia della musica del buon Oldham. Cosicché, al momento del bis, non mi ha per nulla stupito vederelo rientrare con camicia di jeans e sopra stelle e lune rosso fosforescenti per un country in più. Un’ora e mezzo prima, mentre entravo in sala a concerto iniziato, invece sussurrava melodie con fare poetico. Mi ero appoggiato al muro: davanti a me la figura di una donna distesa lungo la parete, un’acconciatura di spalle a forma di casco, un ventaglio che staglia il calore estivo e sullo sfondo la luce verdastra che viene dal palco per riflettersi sul volto di tre quarti della sconosciuta. Un’immagine che sembrava fotografia di Christopher Doyle, forse da scattare a Kyoto o forse a Hong Kong. Chissà se Will Oldham avrebbe potuto scriverci una canzone.

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