venerdì 1 febbraio 2013

Il mio nome era Marlene

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Chissà quanti di loro ho già incrociato sui campi di battaglia. Con quanti di loro mi sono scontrato forse dieci anni fa, spalla contro spalla o ventre al cielo. A correr dietro a foghe passionali. Nell’impeto dell’autoriconoscimento in un gruppo, che parlava di sentimenti con una sola lingua, eccola lì, forbita e alt(è)ra: divine e cervelli bruciati con il vocabolario in mano. “Esisziale secco e disumano scarto di secondo che vale tanto quanto una vita”. Forse il primo verso che ho imparato a sbiascicare, aggrottato sulla mia sedia. Di sera. Mentre gli altri erano davanti alla televisione. Mentre io battevo a macchina e mi sentivo un poeta. Pensando alla beatrice di turno.
Chissà come sono cambiati in tutti questi anni. Quando andavamo ai concerti non facevo caso a loro, si sa, il palco è il palco. Forse oggi non li avrei riconosciuti lo stesso. Eppure ce n’erano tanti tra i trenta e i quaranta, tutti più tranquilli dei ventenni con cui sfogavo le mie pene tanti anni fa. D’altronde anch’io questa volta ho ascoltato in disparte, avviluppato in me stesso, lasciando la platea a chi ha passioni più fresche.
Loro no. Loro tre non sono cambiati. Con un basso in meno. Sempre dignitosi. Algidi. Viscerali. In bilico tra poesia e strada. Mi hanno sciorinato molte delle mie aspettative che non osavo aspettarmi. Mi hanno riportato a galla immagini del passato a cui non pensavo più. È strano, il passato, a volte è solo un pensiero su cui mi concentro ogni tanto per dimostrarmi di avere conservato tutto, senza avere buttato niente. E poi basta un niente, una canzone che sentivo tanti anni fa che me lo ripropone sotto forma di immagini vere. Vissute. Altro che pensieri e teorie. È stato un continuo: api regine, sollievi, comete, naufragi, ineluttabilità, bellezze... Cara è la fine, è davvero la fine. Mia. Con i tuoi versi lascio sognare qualcun’altro, io al mio turno mi sono logorato l’animo a forza di innamorarmi.
Il suo nome è Marlene, in onore a Marlene Dietrich e della figa di qualcun altra –non so chi, e i primi amori non si dimenticano mai. Tutt’al più non ci pensi per un po’.
Come relitto in fondo al suo incanto, affogherò in lei perdutamente.
Perdutamente.
Perdutamente.

Canzoni del mese:

Santo&Johnny, Papillon
Jack White, Love is blindness (cover U2, ovvero: come rendere una canzone qualsiasi una canzone vera. E non mi piace neanche Jack White.)
Lube, Позови меня тихо по имени
Lube, Конь
Benedetto Marcello, Adagio del concerto per oboe (e, credetemi, non c’è finale migliore per la storia di questo mese)


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