lunedì 16 aprile 2018

Santo Speco


L'età della transizione - XV tappa


Dove sono stato. Quanto tempo è passato. Sono in fuga, sono in fuga, sono in fuga. A forza di essere in fuga mi hano beccato, crocifisso, messo alla gogna, di nuovo crocifisso e dimenticato in un buco. Non ho avuto coscienza e ho perso me stesso dopo che le tue guardie mi hanno trovato, fottuto cardinale. Il mio corpo è diventato il vostro zimbello, anche per questo ho scelto di uscirne. Non so come sia finito qui, forse ero pronto per farlo forse è solo successo. Fatto sta che non mi pesano le botte, gli sputi, le risa, il dolore fisico. Le cicatrici che rimarginano ferite significano anche questo, porta che si chiude sul dolore del passato, superamento, vita che rinasce, memoria che interiorizza e restituisce dignità anche al dolore.
Hanno aperto la porta in tre, indossavano tonache nere. Nei loro sguardi non c’era giudizio, sul mio corpo impresentabile non c’era il loro giudizio. Grotta dei pastori l’hanno chiamata. Dicevano che il nome viene dai pastori che giungevano in ascolto di Benedetto.
Chi è Benedetto.
È un uomo che ha vissuto come te tre anni in grotta per trovare se stesso.
Benedetto è uomo, tu sei Benedetto.
La luce mi acceca ma lentamente realizzo. Una parete che si fa versante, montagne tutto intorno. Ero convinto che dopo la fuga avrei inseguito, chissà perché ora non ne sento il bisogno. Il bisogno. Ora che sono fuori dalla grotta dei pastori, da quel buco, non sento alcun bisogno. Mi chiedo se sarà così anche domani.
Rientro, vedo la grotta di questo Benedetto. Mi dicono che lui ha scelto di starci, a uno come me - che ci è stato buttato e dimenticato anche da se stesso - sembra impossibile. Il risultato però è lo stesso, un uomo nuovo. Dalle mie parti dicevano “per rinascere devi prima morire”.

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