mercoledì 21 marzo 2018

Di marinai ed esplorazioni


La foglia, staccata da un ramo. Non è autunno, è inverno che vuole farsi primavera ma resta, si protrae e, disteso, permane come un muscolo in torsione per portare a termine uno slancio fisico. Neve, a tratti, vento che scivola dentro ai cappelli e alle sciarpe. La foglia, staccata dal ramo, intraprende un volo, lei che volare non sa. Goffo, fatto di capriole e abbandono alla forza del vento. Ci fu chi volle vederla posata su un fiume quasi ghiacciato, come una lieve barca in cerca di sbocco. In cerca di sole e calore. Ci fu chi la volle nell'aria, perdersi nel vento vorso orizzonti sconosciuti ai più. Ci fu chi la vide a terra, sommersa da neve, consegnata alla natura. Che è transitorietà, impermanenza, mutamento e movimento. Terra che cerca nuova dimora nella terra.
Mi sono staccato. Da molte persone a dire il vero, ma soprattutto da un luogo. Un porto. Feci un lungo viaggio da bambino, con pochi approdi al mondo reale, come succede di frequente a quella età. C'era una terra di mezzo, tra mondo reale e fantasia, un posto dove sinfonie musicali si susseguivano come burrasca e mappe spuntavano da contenitori cilindrici impolverati in ogni angolo. Le pareti erano gialle, in cortina, costellate di reperti dai viaggi più disparati. Il marinaio in capo era mio padre, che aveva proprio l'attitudine di un vecchio lupo di mare al comando sul ponte di una nave, ma quando il mare era in risacca o quando era di ritorno da grandi esplorazioni si fermava al porto e si immergeva nelle mappe.
Una decina d'anni fa ritrovai quel porto, ne feci addirittura un riparo saltuario. Il vecchio pirata iniziava ad ammainare le vele, partiva sempre più di rado e la sua aria sul pontile non era più così imperiosa come mi sembrava da bambino. Però quel porto rimaneva sempre un luogo di pace e di studio, e anche un molo da cui partire per esplorazioni a volte banali a volte più ricercate e complesse. Ero talmente a mio agio lì che a distanza di anni ne feci la mia casa. Probabilmente fu un errore, i porti sono luoghi di transito e non sono adatti alle permanenze, ma in fondo quel posto era mio e in più non lo era stato in passato pur avendo avuto allora un significato importante. Ecco, avevo ereditato un significato e ci avevo aggiunto un senso nuovo da trasmettere a qualcun'altro.
Ora il porto è in decadenza. L'ho abbandonato un mese fa ed è in attesa di un significato nuovo, che forse arriverà e forse no. D'altronde anche i grandi imperi decadono e i luoghi più insignificanti potranno diventare centrali un giorno. Un luogo, in fondo, non scompare mai.
Non so se questa sia una storia di passaggio, da infanzia ad età adulta. Non so se stupirmi se a un certo punto abbia preso coscienza delle partenze e dei ritorni. Soprattutto dei volti che ho incontrato tra una partenza e un ritorno. Ora però sono tutti davanti a me nell'arco di pochi minuti. Tra i tanti volti della vita il mio sguardo è caduto sull'amore, sui volti che l'amore ha assunto durante la mia vita. Su Ilaria, Roberta, Beatrice, Valentina, An Xin e ancora su Ilaria, che ora è qui, davanti a me, con un altro corpo e un'altra lingua. Io scrivo di lei, lei parla al telefono, forse mentre parla scrive di qualcuno che non sono io. Ho davnti più di vent'anni di attrazione e ritrazione. Amore, ci hanno scritto sopra versi, canzoni e racconti. Lo hanno decantato e maledetto. Lo hanno rappresentato e riflettuto. Tra di loro si sono chiesti cosa sia e cosa significhi per ognuno di loro. Ne hanno fatto una religione o un qualcosa da cui rifuggire. Hanno provato a definirlo, a raggiungerne il cuore senza sapere spiegare niente. Io davanti a me avevo solo poche fotografie che ritraevano di per sé momenti insignificanti, ma tanto è stato sufficiente per provare sul mio corpo ancora una volta gli amori del passato, quello presente e aprirmi al futuro. Se solo gli umani si limitassero a vivere senza voler sempre spiegare tutto parlerebbero meno ma saprebbero capirsi più a fondo. Una strada davvero pericolosa, il linguaggio.

Canzoni del mese:
Canzoniere grecanico salentino, Beddha ci dormi
Daniele Coccia, Il cielo di sotto 
Motta, Ed è quasi come essere felice
Negramaro, Dolores, Senza fiato 
Gambles, Safe side
Timber Timbre, Demon host
Agnes Obel, Riverside

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