venerdì 11 giugno 2010

Guerra, pace, Tolstoj e umanità

La storia come movimento. Sono rimasto ad ascoltarlo, riga dopo riga. Contro la genialità degli eroi, contro il fatalismo divino. La storia siamo noi, diceva De Gregori pensando a guerre e resistenze ormai lontane. La storia restituita alle masse in quel secolo indimenticabile che fu l’Ottocento. Quando in molti devono aver sentito di fare la storia. E quando si pensa che a decidere siano singoli individui, capaci di segnare il cammino dell’umanità portandola alla distruzione o alla gloria, ecco la risposta del dettaglio: infiniti movimenti frammentati, casuali, sospesi tra libero arbitrio e necessità, incondizionati e prigionieri allo stesso tempo. Un insieme che non è razionalizzabile e neppure concepibile di fianco al movimento che ne scaturisce, alla direzione intrapresa da un popolo o dall’umanità. Un percorso fatto di condizioni e contesti, in cui l’immagine unitaria che ci appare o che ci viene descritta come iniziativa politica, militare, sociale... altro non è che l’insieme di una moltitudine, spesso eterogenea, contraddittoria e piena di collisioni, dove gli “eroi” danno indicazioni non seguite universalmente dalle “masse”, dove gli uni e gli altri sono ugualmente imprescindibili ed il destino del mondo non è dato né dalla decisione dei capi né dal consenso delle masse, ma dal loro confronto. Da ciò che ne scaturisce, il movimento. E tutto questo è spezzato dalla vita e dalla morte quotidiana, la vita di tutti i giorni di figure immaginarie che si possono toccare, sentire, capire o disprezzare perché di mezzo c’è l’arte.

Guerra e pace non è cronaca storica, dice Tolstoj, non è romanzo, non è poema. “Guerra e pace è ciò che l’autore ha voluto e potuto esprimere in quella forma in cui è venuto a prendere espressione”. Avere qualcosa da dire e scriverlo fregandosene dei dettagli che ruotano intorno al contenuto. Qualcosa che può far riflettere anche oggi, in un’epoca divisa, ma unita a pensare che a fare l’Italia sia solo un uomo di nome Berlusconi, nel bene o nel male. Un uomo solo, uno come tanti che ne esistono al mondo. Non lo furono Alessandro, Napoleone, Hitler, Gengis Khan, Qianlong. Questo dovrebbe bastare.

Tutto si può negare. Che ci siano di mezzo le scelte, che tutto abbia una spiegazione che prescinda da noi. Ma è nelle mancate affermazioni di personalità o impersonalità assolute che l’io e l’altro emergono più vivi che mai e reclamano un ruolo; come condizioni di un risultato in cui l’umanità, ciò che “è” diviene a poco a poco riconoscibile. Un moto di cui non si intravedono fine ed inizio, da cantare e incantare come piccole storie da raccontare e grandi romanzi da scrivere.

“... E poi la gente, perché è la gente che fa la storia,
quando si tratta di scegliere e di andare
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
che sanno benissimo cosa fare.
Quelli che hanno letto un milione di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare
Ed è per questo che la storia da’ i brividi,
perché nessuno la può cambiare
...”


Ascolti del mese:

Marlene Kuntz, Siberia (cover Diaframma)
Tunng, With Wiskey
Micah Paul Hinson, Take off that dress for me
Asaf Avidan and the Mojos, Her Lies
Lhasa de Sela, A fish on land
Soap & Skin, Mr. Gaunt PT 1000
John Grant, Queen of Denmark
Electric President, Mr. Gone
Le luci della centrale elettrica, Produzioni seriali di cieli stellati

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