martedì 20 luglio 2010

颐和园 (The Summer Palace)

Alba e tramonto di una pagina di storia. Gente che ci ha versato il sangue e quella spinta che ti senti crescere dentro senza pensare a quello che potrebbe accadere. Incazzato e sognante. Quasi una sublimazione della condizione umana. Perché protesta è ideale e condivisione.
Il giorno dopo ero nel letto a pensare e ripensare alla morte delle ideologie. Senza averle mai amate troppo. Ma le ideologie mettevano sogni e carne dentro la politica. Alla faccia del parlamentarismo e dei dibattiti esanimi, civili, disumanizzati. Se solo fossimo veramente liberi e non controllati da politica e mercato. A volte so con certezza che sto semplicemente aspettando una causa per morire felice in un mondo che non mi appartiene. E mentre vedevo tutto ciò, steso sul letto, al mio fianco una suoneria di cellulare ne seguiva un’altra. Già, la scelta della suoneria, uno dei momenti cruciali dopo l’acquisto di un cellulare. Avrei voluto urlare, riscoprirmi in una piazza, credere qualcosa con qualcun’altro, lottare per questo. Ho fatto finta di niente e mi sono addormentato.

“La quarta cosa è che
oggi ho passato tutto il giorno alla piscina e una cosa spaventosa è accaduta di nuovo: non potevo stare seduta né rimanere calma. Volevo continuare a scrivere, ma non ci riuscivo. Allora ho fatto quello che faccio normalmente: ho chiuso gli occhi stretti, ero in un sudore freddo. Volevo sdraiarmi, solo sdraiarmi. Mi avrebbe fatto bene. Poi sono entrata nella piscina e mi sono seduta al limite tra la parte profonda e quella bassa. Il mio respiro è cresciuto debolmente, non ero sicura che sarei riemersa. Ho perso conoscenza.
La quinta cosa è che gli studenti di Beida andarono a Piazza Tian’an Men.”

Amore e rivoluzione. Individuo e storia collettiva, di sfondo. Un film, un palazzo d’estate nelle sale universitarie e quella luce che ti lasci alle spalle entrando nel mondo degli sfruttati e degli sfruttatori per viverci dentro. Dolore, tormento, gioia naive. Inespressi, a tratti. Poi basta la miccia per illuminare tutto a prescindere. Una scena magnifica, che ti fa sentire il sangue nelle vene: note in crescendo, parole semplici, ad uno ad uno salgono su un furgone, università-piazza solo andata. Ridono, non si sa bene perché ma in fondo anche sì. Tian’an men come lo specchio di un sogno che è la giovinezza. L’amore di due persone per spiegare cos’è stato Tian’an men. Riconoscere l’amore nella rivoluzione e la rivoluzione nell’amore. Con l’entusiasmo che si spegne sulla via del ritorno, che è ritorno alla realtà, alla vita. Tormento e dolore nella nuova incomunicabilità della luce che si spegne su uno degli anelli pechinesi. Gioia naive alle spalle.
E poi quello scorrere di tempo e di persone, fino a ieri. Sembra una vita fa, Tian’an men, per quanto è cambiata la Cina. A volte mi dimentico di essere nello stesso paese dove c’è stata Tian’an men. Sembra impossibile che un ventenne di allora oggi abbia solo quarant’anni. Dove hanno messa la memoria? Dove sono finiti tutti i sogni? La frustrazione e la pesantezza che si trascinano per una vita.
Fino a nuovo incontro, solo per capire che ti hanno portato via tutto e tu hai lasciato che ti portassero via tutto. Senza neanche rendertene conto. Ammettere che la vita può essere anche questo. Nello sguardo di uno specchietto retrovisore di un Suv.
Ma verranno altri sogni, verranno altri amori. E altre rivoluzioni. E altri risvegli. La vita, la morte.

Regia: Lou Ye
Titolo: Yiheyuan (The Summer Palace).
Ascolto del mese: Hao Lei, Yangqi (Ossigeno)

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