domenica 4 novembre 2012

Il ricordo di quei giorni sempre uniti ci terrà

Ci sono film come C’eravamo tanto amati. Ritraggono la vita per quello che è: esperienza di bellezza e imperfezione umana che lascia il riso nel rimpianto e l’amaro nella speranza. Narrazione di uno slancio abulico, di figura angelica che si scopre umana, ancorata a terra e prigioniera di catene innate. Scola dirige, Trovajoli musica, Satta flores, Gassman e Manfredi recitano un’epoca di cui fanno parte e tutto si filma così, con tale naturalezza, che fa pensare di trovarsi davanti a un film che non poteva non essere girato, perché dentro c’è tutto quello che una generazione ha avuto da dire, confidare e confessare. Sogni, malefatte e disillusioni. Un ritornello umano che assume sembianze diverse a seconda delle epoche e dei palchi ove il vivere riprende forma. Vedere C’eravamo tanto amati è insieme esperienza estatica, esperienza storica ed esperienza umana che lascia spogli.
Nessun momento, come la fine di una guerra, meglio si sposa con l’idealismo. A pensarci superficialmente, se qualcuno chiedesse –a me che guerra non ho vissuto- che cosa succede alla fine di una guerra, risponderei che si fa la conta dei morti. Eppure l’uomo tende alla vita e alla sopravvivenza, a legarlo alla morte ci pensa la natura. Ci sono persone che restano ancorate al dolore di milioni di morti, gente che esce dalla storia. Ma chi accetta il tempo, chi accetta la vita è già lì, crede di sapersi rialzare senza commettere gli errori di chi lo ha preceduto, con la baldanza di chi vuol fare il futuro. Borghesi. Proletari. Intellettuali. Palazzinari. Avvocati. Scribacchini. Portantini. Arrivisti. Attori. Registi. Padri e madri. A ognuno la direzione che sceglie, per la disillusione c’è tempo. Anche se la vita, vista a ritroso, sembra sempre più breve.

Eravam tutti pronti a morire, ma
della morte noi mai parlavam
Parlavamo del futuro
Se il destino ci allontana
il ricordo di quei giorni
sempre uniti ci terrà.

da: Maria Teresa, E io ero Sandokan (musica: A. Trovajoli, testo: E. Scola, 1974)

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