venerdì 24 gennaio 2014

La coppia di Nanjing

Guardo cielo e nuvole, sul piazzale, davanti a una chiesa che avrà centinaia di anni. Groviglio di turisti, tedeschi, cinesi, giapponesi. Ieri sera, al momento di stendermi sul letto ho pensato che è dura trovare un senso a volte. Il cellulare squilla, tutto come pattuito. “Alla tua sinistra, due furgoni. Neri.” Riaggancio. Dai vetri del primo mezzo si intravede una donna, sui trent’anni. Mora e riccia, è lei che ha chiamato. Salgo nel furgone, sono in due. “Ciao, Valerio”. “Piacere, io sono Ilaria”. Parla lui, parla per pochi minuti. Mi dice che sarei andato avanti con Ilaria, una volta dentro avremmo individuato la merce, li avremmo fatti parlare per vedere in quale lingua ci avrebbero capito. Poi subito fuori, finito. Sarebbe intervenuto lui e li avrebbe messi spalle al muro, senza vie linguistiche di fuga. Va tutto come previsto. Mani nel sacco, una coppia di Nanjing. Cordiali, mi chiedono dove ho studiato, dove ho conosciuto mia moglie. Aprono tutte le confezioni, consigliano, sono gentili. Come sempre, come il 99% dei cinesi quando scoprono che qualcuno si è interessato alla loro lingua. Dopo tutto quello che è successo. Io e la finta zia Ilaria usciamo dal negozio, in busta abbiamo pistola e laser, missione compiuta. Entra Valerio e li inchioda per bene. Sa che capiscono l’italiano, a scanso di equivoci mi richiama dentro per ripeterglielo in cinese. Non devono più venderla quella roba lì, è pericoloso. Capita l’aria che tira la coppia di Nanjing si fa piccola, si nasconde alle telecamere, non è colpa loro –dicono- il proprietario è un altro. Neanche dieci minuti siamo di nuovo fuori, missione compiuta. Un lavoro pulito, tutto liscio come l’olio. O quasi. Che cosa è pericoloso, mi chiedo. E’ pericoloso vendere quella roba li, è pericoloso anche andare più a fondo. Dietro a quelle facce e a quel nascondersi dietro al bancone cosa c’è? La paura di essere riconosciuti? La paura che qualche documento non è in regola? La paura di dovere tornare indietro dopo aver trovato chissà come il coraggio di lasciare tutto per un posto che fino a pochi anni fa non sapevano neanche in che punto del mappamondo poteva mai stare? L’impossibilità di un rimanere o l’impossibilità di farsi una vita normale lontano migliaia e migliaia e ancora migliaia di chilometri da casa? E’ ancora così pericoloso vendere quella roba lì se è tutto così impossibile? Di che vissuto siete fatti? Chi siete oltre a essere i due che vendono quella roba lì? Al pubblico questo non interessa. Al pubblico interessa che avete venduto quella roba lì. Interessa la missione compiuta, senza andare troppo a fondo, che vivere è già abbastanza complesso di per sé. Al pubblico interessa confermare lo stereotipo. I cinesi vendono roba contraffatta. Roba che fa male. Rova pericolosa. E farsi una bella foto con Valerio all’uscita del secondo negozio. Se la fa un bel ragazzone alto, grosso e pelato, se la fanno due poliziotti di passaggio con un bel tablet, se la fa la parrucchiera del negozio di fianco. A televisioni spente quei due hanno ancora una vita. Stanno andando a letto, proprio come voi, e domani si alzeranno, proprio come voi, per un giorno in più. E chissà se dopo ciò che è successo oggi, anche grazie alla mia bella performance, staranno pensando che effettivamente quella roba lì è pericolosa. O se al momento di stendersi sul letto hanno pensato che è dura trovare un senso a volte.

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