sabato 8 febbraio 2014

Ritratto di città – Atac #2


Siamo di ritorno e siamo stanchi. Io imbraccio il passeggino, lei il bambino e risaliamo le scale della stazione metro. Sento qualcosa che sta per sfilare via, mi giro di scatto e un ragazzo mi è poco dietro con l’aria distratta. Tira fuori il cellulare e penso di essermi sbagliato. Comunque il portafogli è in tasca, tanto mi basta. Lo guardo ancora, lui sembra non farci caso e tira dritto con un compare basco in testa sulla pelata e barba lunga. Appena richiudiamo dietro la porta lei capisce che le hanno fottuto la camera digitale dalla borsa. Ripenso ai due tipi dall’aria distratta e vestiti neanche tanto male. Quello con il basco aveva urtato di passaggio anche una signora straniera sui sessanta. Riscendo. Cerco in un paio di fermate bus affollate, ritorno nel mondo sotterraneo, che mi sembra sempre meno normale. Scendo tre rampe di scale mobili, le risalgo nell’altra direzione. Giungo in cima. Mi si gela il sangue. Sono loro, parlottano con altri tre tipi e d’improvviso non mi sembrano più così raccomandabili. Non reggo, mi cago in mano e decido di tirare dritto. Ma li fisso. Li fisso e assumo un’aria di disprezzo, che almeno sappiano che ho capito. Loro non hanno la mia stessa paura e mi chiedono che cazzo voglio e che cazzo guardo. Gli rispondo dicendo che sono loro ad aver fottuto la camera a mia moglie. Ma che vuoi, ripetono, c’è qualche problema? Continuo a dirgli ma che cazzo andate a fottere la gente che fatica a tirare avanti un giorno in più e che per permettersi di comprare una camera digitale di seconda mano deve fare mille sacrifici. Uno mi fa ma cosa vuoi, non alzare la voce, dimmi che vuoi e siamo a posto. Io ormai vado in automatico, rivoglio la digitale. Uno dei cinque allora mi chiede se voglio solo quello. Mi dice di non fare casino e di seguirli. Continuo a cagarmi sotto, sono praticamente circondato. Ma lo seguo. Di nuovo giù per le scale mobili e di nuovo su da dove ero venuto. Quando apro bocca mi fanno di stare zitto. La rivuoi o no la camera, e allora vieni con noi. Io ricalco sul fatto che non ho un cazzo da perdere, camera a parte e che se rubassero a chi ha cose da perdere non avrei nessun problema. Ma io a quello che compro un valore lo do. Quando si spazientiscono di nuovo decido di stringere amicizia. “Di dove siete”, chiedo. “Io Bulgaria, lui Albania, lui Turchia”. “E che tipo di posti sono”, replico. Il turco è il più tranquillo, mi fa capire che ognuno ha il suo ruolo. C’è chi ruba e chi viene derubato. Siamo in cima all’ultima scala mobile, sono deciso a bloccarmi e a non uscire con loro. Decido di non fidarmi e di restare in orbita videocamera di sorveglianza. Ma non faccio in tempo. Appena su uno dei cinque mi mette in mano la fotocamera come se niente fosse. Loro camminano verso l’uscita, io con altrettanta naturalezza saluto il turco e faccio dietro front per ridiscendere ancora, trofeo in mano. Sano e salvo. Incredulo. E ora che è passata penso. Penso a due tipi di persone. Il primo che tende all’accumulo di beni di consumo che è convinto di amare e che prima o poi lascia in un angolo, quando la passione si consuma. Queste persone pensano a cosa gli piace e cosa no, cosa vogliono dalla vita, si chiedono se desiderano, ambiscono o appagano semplicemente delle inclinazioni e degli interessi. Coltivano, costruiscono città e industrie per produrre e creare benessere. Sfruttano la natura e la rendono altro. Si inventano una società di servizi e mercati. Pensano al senso, creano l’idea del benessere e ne sono parte, chi più chi meno. Anche quando ci sono milioni di persone con più carta moneta. L’atro tipo di umanità è stata conquistata dalle città. Non produce e non può nemmeno muoversi liberamente perché deve riconoscere di essere residente in uno stato. Deve essere cittadina di una nazione. Probabilmente una volta queste persone erano nomadi dediti all’allevamento, alle praterie e alle razzie. Gente che terrorizzava i civili, con il rombo dei cavalli al galoppo e delle frecce. Ma anche con la libertà. La libertà di chi non accumula e di chi usa ed esaurisce. Di chi il giorno dopo non ha più nulla di ciò che ha rubato e lotta di nuovo per un giorno in più. Mi chiedo che libertà sia quella di cui si sono forgiati i cittadini liberali nelle loro rivoluzioni. Mi chiedo cosa pensa l’altra umanità della libertà dei civili. E poi penso a cos’è che è più normale. Se il mondo di sopra o quello di sotto.

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