domenica 24 marzo 2013

A scuola di comunismo - Ricordo n° 2

Ma chi cazzo saranno mai i suoi genitori. Ma che cazzo vorranno mai dire i loro discorsi.
D’accordo, contro il sistema, contro il mercato e per la rivoluzione. Io nella mia vita avevo partecipato solo a due autogestioni; quando avevamo fatto finta di occupare, mezz’ora dopo ero già fuori, ancora un’altra mezz’ora e sarebbe arrivata la polizia. Mentre io richiudevo la porta di casa ed entravo in bagno a farmi una sega. Sono cresciuto al confine tra periferia e piccola borghesia cattolica, neanche sapevo chi fossero Ferretti-Zamboni-Canali-Maroccolo, che cazzo si poteva pretendere che ne capissi di Engels. A quei tempi la cosa più simile al comunismo che potevo immaginare era l’amore libero.
I suoi capelli neanche li capivo. Ricci come solo i neri sanno averli. Con la pelle andava già meglio, quel mulatto che sapeva di bellezza anche per uno come me, che studiava solo per arrivare al quieto vivere, ignaro totale dei suoi interessi. Lei, anche lei, non sapevo da dove tirasse fuori tutta questa coscienza di classe a scuola di comunismo. Avrò fatto cinque o sei incontri, un paio di porta a porta per il giornale autofinanziato e mi sono inculato un libro che neanche avrei finito (sempre ‘sta lingua da professori che parla del popolo senza sapere parlare al popolo). Tutto questo perché non avevo avuto le palle di argomentare che non me ne fregava un cazzo di Marx. Meno male che poi ho iniziato a vedere i suoi ricci fuori da quello scantinato da aspiranti cospiratori.
Ci leggevamo le nostre poesie e scoprivo il suo corpo di donna. Non so se sia stato amore, forse a modo suo. A distanza di anni mi disse che ripensava a noi come a qualcosa di puro. Nelle mie rimembranze non l’avevo mai vista in questi termini, io rivedevo solo la voglia di toccarla ovunque e comunque. Era proprio quello che intendeva lei. Nelle porcate alternate a curiosità e poesia si cullava la nostra purezza.
Neanche come aspiranti militanti facemmo molta strada. Lei finì in un MacDonald a friggere patatine e la nostra storia di amore e rivoluzione andò a puttane, lasciando fotografie dagli angoli bruciacchiati nei cassetti richiusi. Mi cercava e non mi lasciavo trovare. Voleva una reazione e io pensavo meno male forse ha capito e me la levo dai coglioni, sotto alla prossima.
In questa storia non feci la figura di un eroe, ma quella del coglione. Sarebbe andata così per altri due tre anni, ma non c’è problema: in amore prima o poi tocca a tutti e presto le avrei prese anch’io di santa ragione.
Passarono anni prima che ricevetti una sua lettera. Una lettera con francobollo. Nella cassetta della posta. Lei. Proprio lei. Cominciammo a vederci da persone mature, ma le mancava qualcosa, credo le dispiacesse per quella purezza andata. Eravamo stonati.

Canzoni del mese:
Rino Gaetano, I miei sogni di anarchia
Alessandro Mannarino, Maddalena
Raffaello Simeoni, Anema e colore
Afterhours canta Area per radio alice, Gioia e rivoluzione
Daniele Silvestri, Le strade di Francia
Unorsominore, Ci hanno preso tutto
...

1 commento:

daniela ha detto...

"eravamo stonati"...
a me diverte tanto.....si si..
mi piace proprio..